Gli scienziati dell’Università Carlos III de Madrid (UC3M) e dell’Istituto IMDEA Materiales hanno sviluppato una nuova tecnica sperimentale nei test di frammentazione per valutare la capacità di assorbimento di energia nell’impatto di strutture metalliche fabbricate utilizzando Stampa 3D. Questa tecnica, più flessibile, semplice e veloce rispetto ad altre attualmente utilizzate, permette di testare le prestazioni meccaniche di questi materiali come strutture protettive.
Le principali applicazioni di questa ricerca riguardano i settori dell’aeronautica, dell’ingegneria aerospaziale, della sicurezza e dell’ingegneria civile, ambiti in cui è fondamentale sviluppare nuovi materiali per costruire strutture protettive leggere, portatili, riparabili in servizio e in grado anche di assorbire energia in l’evento di un impatto. Ad esempio, nel caso di collisione di un uccello con un aereo, in collisioni accidentali tra veicoli a motore o in esplosioni che possono verificarsi in attacchi contro edifici governativi e infrastrutture critiche, come le centrali nucleari, dicono i ricercatori.
“L’idea è quella di poter produrre strutture protettive con la stampa 3D per ridurne i costi, minimizzare gli sprechi, personalizzare il design e offshore la loro produzione, dato che potrebbe essere effettuata in situ, il che sarebbe un grande vantaggio soprattutto per il settore aerospaziale e applicazioni di difesa”, spiega Juan Carlos Nieto Fuentes, ricercatore Marie Curie CONEX-Plus (GA 801538) del Dipartimento di Meccanica del Continuo e Analisi Strutturale dell’UC3M, che ha recentemente pubblicato questo lavoro sul Journal of the Mechanics and Physics of Solids.
“L’articolo presenta una nuova tecnica sperimentale lanciata nel Laboratorio di Impatto del Parco Scientifico UC3M, dove effettuiamo test di frammentazione con velocità di impatto fino a 400 metri al secondo”, spiega un altro degli autori, José Antonio Rodríguez Martínez, Senior Docente nello stesso dipartimento dell’UC3M che ha sviluppato questa ricerca nell’ambito di PURPOSE, un progetto ERC Starting Grant dell’Unione Europea (GA 758056).
I ricercatori hanno filmato questi test con due telecamere ad alta velocità e hanno anche effettuato la tomografia a raggi X delle strutture del materiale stampato, prima e dopo il test, con la collaborazione dei colleghi dell’Istituto IMDEA Materiales, che hanno effettuato l’analisi microstrutturale caratterizzazione dei campioni. “Nello specifico, abbiamo determinato la distribuzione in forma e dimensione dei pori risultanti dal processo di stampa e abbiamo studiato il loro effetto sulla formazione e propagazione delle fessurazioni, e quindi sulla capacità di assorbimento energetico della struttura”, spiega Federico Sket, scienziato senior presso IMDEA Materials, che ha partecipato a questo studio da questo istituto di ricerca insieme al suo collega Jonathan Espinoza, assistente di ricerca presso l’istituto.
Gli esperimenti di frammentazione sono stati condotti presso l’UC3M Impact Laboratory utilizzando una pistola a gas azionata da elio. Nello specifico, i ricercatori hanno lanciato un proiettile circolare, con la punta conica, del peso di circa 150 grammi, che ha colpito un tubo a pareti sottili a velocità comprese tra 200 e 400 metri al secondo (tra 720 e 1.440 km/h). In questo caso il diametro del proiettile è maggiore del diametro del tubo, che si espande radialmente con l’avanzamento del proiettile, fino a formare fratture multiple con conseguente frammentazione del campione.
“La tecnica è più semplice, più veloce da usare, flessibile e ha un costo operativo inferiore rispetto ai sistemi che utilizzano esplosivi o sistemi elettromagnetici. Il nostro dispositivo ci consente inoltre di effettuare più esperimenti in meno tempo e ottenere così una serie di test che forniscono risultati statisticamente significativi”, spiegano Sergio Puerta e David Pedroche, tecnici di laboratorio del Dipartimento di Meccanica del Continuo e Analisi Strutturale dell’UC3M, che sono stati coinvolti svolgimento degli esperimenti.
I ricercatori affermano che si tratta di una metodologia pionieristica e sperano di gettare le basi per un protocollo che consentirà di determinare sistematicamente se una struttura stampata è in grado di assorbire energia in caso di impatto, sulla base della caratterizzazione della sua microstruttura porosa e della sua correlazione con meccanismi di frammentazione. “Questa tecnica alla fine ci dirà se la stampa 3D in metallo è una tecnica praticabile per costruire strutture protettive”, afferma José Antonio Rodríguez Martínez. “Negli Stati Uniti esistono già programmi specifici promossi dal Dipartimento della Difesa e dal Dipartimento dell’Energia per finanziare questa linea di ricerca, quindi speriamo che anche l’Unione Europea e il Governo spagnolo sviluppino una visione a lungo termine che permetta portarci la ricerca fondamentale che stiamo portando avanti nella pratica ingegneristica”, conclude.
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