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Belgio, L’Osservatorio delle sette del CIAOSN è in contrasto con i principi della Corte europea dei diritti dell’uomo?

INFORMATIVA: Alcuni degli articoli che pubblichiamo provengono da fonti non in lingua italiana e vengono tradotti automaticamente per facilitarne la lettura. Se vedete che non corrispondono o non sono scritti bene, potete sempre fare riferimento all'articolo originale, il cui link è solitamente in fondo all'articolo. Grazie per la vostra comprensione.

HRWF (07.10.2023) – Il 26 giugno l’Osservatorio Federale sulle Sette (CIAOSN/ IACSSO), ufficialmente conosciuto come “Centro di informazione e consulenza sulle organizzazioni settarie dannose” e creato da legge del 2 giugno 1998 (modificata dalla legge del 12 aprile 2004), ha pubblicato una serie di “Raccomandazioni riguardanti l’aiuto alle vittime dell’influenza settaria“.

In questo documento l’Osservatorio sottolinea che il suo scopo è quello di “contrastare le pratiche illegali delle sette”.

Pratiche illegali delle sette

In primo luogo, va sottolineato che il concetto di “setta” (setta in francese) non fa parte del diritto internazionale. Qualsiasi gruppo religioso, spirituale, filosofico, teistico o non teistico, o uno qualsiasi dei suoi membri, può presentare un reclamo per presunta violazione della libertà di religione o di credo. Molti lo hanno fatto con successo nei paesi europei, anche presso la Corte europea dei diritti dell’uomo sulla base dell’articolo 9 della Convenzione europea:

“Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto comprende la libertà di cambiare religione o credo e la libertà di manifestare, individualmente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo, nel culto, nell’insegnamento e nell’osservanza dei riti».

In secondo luogo, le sette sono legalmente impossibili da identificare. La pubblicazione di un elenco di 189 gruppi possibilmente sospetti allegati al Rapporto parlamentare belga sulle sette nel 1998 fu ampiamente criticato all’epoca per la sua strumentalizzazione stigmatizzante, soprattutto ma non solo da parte dei media. Alla fine fu riconosciuto che non aveva valore legale e non poteva essere utilizzato come documento legale nei tribunali.

In terzo luogo, la Corte europea dei diritti dell’uomo si è recentemente pronunciata sul caso Tonchev e altri c. Bulgaria del 13 dicembre 2022 (Nr 56862/15), che si è opposto agli evangelici allo Stato bulgaro per la distribuzione da parte di un’autorità pubblica di un opuscolo che mette in guardia contro le sette pericolose, inclusa la loro religione. In particolare, la Corte ha dichiarato:

53 (…) la Corte ritiene che i termini utilizzati nella circolare e nella nota informativa del 9 aprile 2008 – che descrivevano alcune correnti religiose, tra cui l’evangelicalismo, a cui appartengono le associazioni ricorrenti, come “sette religiose pericolose” che “contraviscono la legge bulgara legislazione, diritti dei cittadini e ordine pubblico” e le cui riunioni espongono i partecipanti a “disturbi psichici” (paragrafo 5 sopra) – possono infatti essere percepiti come peggiorativi e ostili. (…)

In tali circostanze, e anche se le misure censurate non hanno direttamente limitato il diritto dei pastori ricorrenti o dei loro correligionari di manifestare la propria religione attraverso il culto e la pratica, la Corte ritiene, alla luce della sua giurisprudenza sopra richiamata (paragrafo 52 supra), che tali misure potrebbero aver avuto ripercussioni negative sull’esercizio da parte dei membri delle chiese in questione della loro libertà di religione.

Sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso di Tonchev e altri c. Bulgaria del 13 dicembre 2022 (Nr 56862/15)

Il paragrafo 52 della sentenza elenca altri casi come “Leela Förderkreis eV e altri c. Germania” E “Centro delle società per la coscienza di Krishna in Russia e Frolov c. Russia“, in cui l’uso del termine dispregiativo “setta” è stato sconfessato dalla Corte Europea e ora funge da giurisprudenza. Si veda anche il commento alla sentenza della Corte Europea di Massimo Introvigne in Inverno amaro sotto il titolo “Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: I governi non dovrebbero chiamare “sette” le religioni minoritarie.”

La missione ufficiale dell’Osservatorio belga sulle sette è quindi intrinsecamente e molto chiaramente in contrasto con la Corte europea nello stigmatizzare le cosiddette “organizzazioni settarie dannose”, una formulazione ovviamente dispregiativa.

L’uso di parole dispregiative rivolte agli omosessuali, agli africani o a qualsiasi altro gruppo umano è vietato dalla legge. Non dovrebbe essere diverso con i gruppi religiosi o di credo.

Ultimo ma non meno importante: da chi, come e secondo quali criteri di “dannosità” potrebbero essere giuridicamente identificate le “organizzazioni settarie dannose”?

Anche il mandato dell’Osservatorio è intrinsecamente contraddittorio.

Da un lato, la sua missione è quella di contrastare le cosiddette “pratiche illegali” delle sette, che devono quindi essere qualificate come tali con una sentenza definitiva e non prima.

D’altro canto, la sua missione è anche quella di “combattere le organizzazioni settarie dannose”, cosa che può essere fatta senza alcuna decisione giudiziaria riguardante i gruppi da prendere di mira. Qui è chiaramente in gioco la neutralità dello Stato, soprattutto perché molte “sette” o i loro membri hanno vinto numerose cause a Strasburgo contro Stati europei sulla base dell’articolo 9 della Convenzione europea che protegge la libertà di religione o di credo.

La missione dell’Osservatorio belga sulle sette rischia una denuncia a Strasburgo

Questi aspetti della missione dell’Osservatorio potrebbero non reggere un reclamo alla Corte europea.

Non bisogna infatti dimenticare i sorprendenti effetti collaterali di una recente denuncia “ordinaria” per tassazione discriminatoria presentata a Strasburgo da una congregazione locale del movimento dei Testimoni di Geova, trattata come una setta dall’Osservatorio belga delle sette e dalle autorità statali belghe. La Corte europea ha poi criticato aspramente la totale mancanza di qualsiasi base giuridica per il riconoscimento statale dei gruppi religiosi e filosofici, che non rientrava nella denuncia, e ha invitato il Belgio a rispettare il diritto internazionale.

Il 5 aprile 2022, nel caso Congregazione dei Testimoni di Geova di Anderlecht e altri c. Belgio (ricorso n. 20165/20) su una questione fiscale discriminatoria nei confronti dei Testimoni di Geova, il Si pronuncia la Corte europea dei diritti dell’uomoall’unanimità, che vi erano stati:

“una violazione dell’articolo 14 (divieto di discriminazione) letto in combinato disposto con l’articolo 9 (libertà di pensiero, coscienza e religione) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”.

Ha inoltre ritenuto, all’unanimità, che il Belgio dovesse pagare all’associazione ricorrente 5.000 euro (EUR) a titolo di spese.

Lo ha osservato anche la Corte né i criteri di riconoscimento né la procedura che porta al riconoscimento di una fede da parte dell’autorità federale sono stati stabiliti in uno strumento che soddisfacesse i requisiti di accessibilità e prevedibilità, inerenti alla nozione di rul

Il Belgio ha ora istituito un gruppo di lavoro per rivedere a posteriori il riconoscimento statale delle organizzazioni religiose e filosofiche. Il Belgio dovrebbe anticipare meglio un’altra questione riguardante la sua politica settaria e seguire l’esempio della Svizzera con la sua Centro per l’informazione sulle credenze (CIC).

Da un’altra testata giornalistica news de europeantimes.news

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