Secondo un nuovo documento prospettico, gli obiettivi di riduzione delle emissioni delle aziende non dovrebbero essere l’unica misura delle ambizioni climatiche delle imprese.
Fare affidamento sulle emissioni può favorire le aziende più consolidate e ostacolare l’innovazione, affermano gli autori, che suggeriscono di aggiornare le normative per migliorare l’azione delle imprese sul clima.
Il documento, pubblicato oggi in Scienzaè realizzato da un team internazionale guidato dall’Università di Utrecht, che comprende ricercatori dell’Imperial College di Londra.
L’autore principale dello studio, il dottor Yann Robiou Du Pont, del Copernicus Institute of Sustainable Development dell’Università di Utrecht, ha dichiarato: “Valutare l’ambizione climatica delle aziende basandosi solo sulla riduzione delle emissioni potrebbe non essere significativo per le aziende emergenti che lavorano sull’innovazione verde”.
Le aziende possono fissare obiettivi climatici individuali, in genere impegni per ridurre le emissioni di gas serra derivanti dalle loro attività, non diversamente dai governi nazionali. Per dimostrare quanto ambiziosi siano questi impegni volontari, le aziende possono farli convalidare come “allineati a Parigi” nell’ambito dell’iniziativa Science Based Targets (SBTi), una collaborazione iniziata nel 2015.
Questa convalida significa che SBTi ritiene che i propri obiettivi siano allineati all’Accordo di Parigi, che mira a limitare l’aumento della temperatura globale ben al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali e perseguire sforzi per limitarlo a 1,5°C.
Il nuovo documento afferma che questo approccio potrebbe inavvertitamente favorire le aziende esistenti più grandi, soffocando l’innovazione e distorcendo il campo di gioco rispetto ai concorrenti emergenti. Questo perché gli obiettivi allineati a Parigi per le aziende più grandi e consolidate spesso presuppongono che possano semplicemente mantenere la loro attuale quota di mercato delle emissioni, senza lasciare alcuna capacità per le emissioni derivanti dalle attività delle società emergenti.
Ad esempio, un nuovo produttore di pannelli solari che ha bisogno di aumentare le proprie emissioni tra dieci anni mentre sviluppa un nuovo metodo altamente efficiente per costruire tali pannelli, potrebbe essere escluso dal mercato perché, in questo modello, la sua attività significherebbe superare l’obiettivo climatico allineato a Parigi.
Il dottor Robiou Du Pont ha affermato: “Questi obiettivi aziendali volontari potrebbero essere stati utili per ottenere alcuni progressi nella riduzione delle emissioni nelle aziende più grandi. Ma il nostro documento mostra che questo approccio non è sufficiente per guidare il settore aziendale e non può essere l’unica base per le normative”. valutare se le imprese sono conformi a Parigi.”
Per livellare il campo di gioco, gli autori affermano che gli obiettivi climatici aziendali potrebbero essere basati su fattori diversi dalla riduzione delle emissioni, come l’intensità delle emissioni per unità di produzione economica o fisica. Questi tipi di obiettivi, tuttavia, sono più difficili da allineare agli obiettivi dell’Accordo di Parigi, poiché non pongono un limite alle emissioni assolute.
Lo studio evidenzia inoltre che l’adozione di un obiettivo non comporta necessariamente un calo delle emissioni effettive volontario gli obiettivi sono proprio questo. Gli autori sottolineano che le aziende stanno già utilizzando questi obiettivi volontari, spesso di dubbia credibilità, come giustificazione per annacquare o ritardare le normative obbligatorie.
Il coautore, il professor Joeri Rogelj, del Centro per le politiche ambientali e direttore della ricerca presso il Grantham Institute dell’Imperial College di Londra, ha dichiarato: “Le aziende che stabiliscono i propri obiettivi individuali rischiano un compiacimento che non possiamo permetterci. La finestra per preservare il pianeta Il riscaldamento globale a 1,5°C si sta rapidamente avvicinando, e anche per mantenere il riscaldamento ben al di sotto del limite superiore di Parigi di 2°C abbiamo bisogno di un’azione concertata per ridurre le emissioni di gas serra adesso. Gli obiettivi volontari sulle emissioni aziendali da soli non sono sufficienti per una rapida decarbonizzazione globale e certamente non lo sono un sostituto della regolamentazione.”
Gli autori concludono che i governi o le organizzazioni intergovernative devono introdurre quadri giuridici basati su una serie di indicatori che incoraggino le migliori pratiche e l’innovazione, nonché requisiti rigorosi di trasparenza per qualsiasi valutazione.
Gli strumenti per costruire queste strutture esistono, sostengono gli autori, e comprendono il prezzo del carbonio, i sussidi verdi e le misure sul lato della domanda. I regolatori dovrebbero considerare anche l’utilità dei prodotti che le aziende realizzano nella transizione verde, non solo le loro emissioni. Secondo un quadro rivisto, il produttore di pannelli solari più efficiente non dovrebbe limitare la produzione, consentendo l’innovazione necessaria con effetti di ricaduta in futuro.
Il coautore, il professor Detlef van Vuuren, anch’egli del Copernicus Institute of Sustainable Development dell’Università di Utrecht, ha dichiarato: “La nostra ricerca sottolinea l’urgente necessità di quadri normativi solidi e di una supervisione trasparente per guidare l’azione delle imprese sul clima. Gli obiettivi volontari, sebbene lodevoli, non sono un sostituto delle normative obbligatorie che garantiscono la responsabilità e guidano l’innovazione in tutti i settori”.
Da un’altra testata giornalistica. news de www.sciencedaily.com