Scrito da Gianmarco Crinieri per you-ng.it
In un mondo in cui l’informazione va a un ritmo forsennato e in cui i dati ci arrivano con una frequenza esorbitante, spesso anche discordanti tra loro, l’unica certezza che abbiamo è rappresentata dai professionisti, da quelli che immaginiamo magari col camice bianco, che anteposto al nome hanno l’abbreviazione Dott. o Dott.ssa.
Ma, e il Covid ce lo ha insegnato molto bene, non sempre chi sfoggia un determinato titolo ha le competenze per poter esprimere un parere, specialmente riguardo temi di cui generalmente si sa molto poco, o che sono potenzialmente problematici se trattati con leggerezza.
In Italia, infatti, a pronunciare la parola setta, gli immaginari riconducono immediatamente verso scene tetre, individui loschi con brame sovversive e manipolatorie.
Per evitare di replicare, anche lontanamente, il fenomeno Jonestown, e proteggere quindi gli individui che potrebbero cadere, o sono già caduti, nelle trame delle sette, nel 1999 è stata fondata una ONLUS con questo specifico intento.
Il CeSAP (Centro Studi sugli Abusi Psicologici) ha esattamente questo scopo, e sulla carta è nobile e di pubblica utilità.
È altresì vero che da grandi poteri derivano grandi responsabilità: la sola pubblica accusa di possedere dinamiche settarie rappresenta un’arma pericolosa, in quanto è sufficiente per insospettire la comunità, e conseguentemente rovinare la reputazione (e la vita) di un individuo e/o costringere un’azienda a chiudere i battenti.
La dottoressa Lorita Tinelli, fondatrice e presidente del CeSAP, si è schierata più volte verso sistemi da lei ritenuti psicologicamente abusanti o manipolatori – tra cui anche i testimoni di Geova.
A favore delle proprie argomentazioni, Tinelli vanta una laurea in psicologia e – una più che altro presunta quanto radicatissima – esperienza in sette. Peccato però che, in più di un’occasione, ciò che la dottoressa sosteneva si è poi rivelato infondato, errato o addirittura totalmente falso.
In giro per i grandi centri urbani potrà esservi capitato di imbattervi nei promotori di una delle vittime di Tinelli, il corso chiamato “Genio in 21 giorni”.
Il CeSAP – tramite la figura di Tinelli – ha, in più sedi e persistentemente, diffamato il corso e chi lo fornisce, etichettandolo come “setta”, con metodologie atte a traviare le menti di chi lo segue.
Sono assenti però prove a sostegno di questa posizione: il tutto si basa su testimonianze di sedicenti ex allievi e sulla partecipazione della dottoressa alla sola lezione di prova, come dichiarato da lei stessa.
Nell’ottimo dossier che ci è stato fornito dall’EMAAPS viene fatto presente che l’azienda proprietaria del marchio “Genio in 21 giorni” in Italia, YTG Net, si è resa disponibile a fornire ogni materiale atto a certificare la propria trasparenza e la totale mancanza di fondamenti della tesi di Tinelli. Tesi che nel 2011 ha portato il CeSAP a richiedere, tramite l’associazione per i consumatori European Consumers, un’interpellanza parlamentare contro la società che detiene YTG Net: Your Trainers Groups & High Consulting. Interpellanza che si è risolta in un nulla di fatto.
Questo però non è l’unico caso in cui certe dinamiche si sono presentate, altrimenti non saremmo qui a parlarne. Chi è quindi Lorita Tinelli e perché la stiamo menzionando?
Tinelli si dichiara Psicologa ad indirizzo clinico e di comunità, grafologa e – come sopra menzionato – presidentessa del CeSAP. Parliamo dunque di una persona, perlomeno sulla carta, qualificata, che muove accuse arbitrarie. Perché?
Andiamo per punti e analizziamo i fatti.
Partiamo dal sito web che la dottoressa ha creato ad hoc per raccogliere il suo Curriculum Vitae, e permettere così a chi volesse conoscerla meglio di avere un quadro più approfondito. Da un punto di vista meramente pratico, bisogna solo ringraziare la dottoressa, perché la meticolosa cura con la quale descrive ogni sua esperienza rende molto agevole il lavoro di fact checking.
Nell’interminabile lista di cose fatte e gente vista che rappresenta questo curriculum, figura tra le altre la sezione “studi e pubblicazioni”, in cui sono teoricamente raccolte le pubblicazioni della suddetta esperta. Oltre ai libri che come sappiamo ormai può pubblicare ed autopubblicare quasi chiunque, ciò che rimane ricade sotto il termine “pubblicazione” in un modo piuttosto falsato, gonfiato.
Le “pubblicazioni”, difatti, non sono altro che osservazioni, post su blog o riviste che trattano di psicologia o salute (al pari di un Focus) ma che non hanno alcuna comprovata attendibilità, non essendo stati sottoposti alla revisione caratteristica della pubblicazione scientifica.
Piccola nota esplicativa in merito.
Se si intende pubblicare una ricerca, per essere valida questa necessita di una verifica da parte di una persona esterna qualificata nello stesso campo, nel linguaggio tecnico si definisce peer-review. In caso contrario, possiamo parlare di un documento che ha lo stesso valore della pubblicazione di pensieri e riflessioni personali su un blog o su un social, senza alcun valore dal punto di vista scientifico.
Per esempio, nella lista compare un articolo dal nome Abuso Psicologico e Controllo mentale, pubblicato su una rivista denominata “Leadership Medica”, sulla quale si trovano pochissime informazioni. Già questo dovrebbe far suonare qualche campanello fuffoso, ma è lo stesso sito web della pubblicazione a togliere ogni dubbio, dichiarando con trasparenza: “Qualsiasi contenuto presente sul sito […] ha finalità puramente illustrative e/o divulgative, non si intende dunque fornire alcuna indicazione di autotrattamento e/o sostituire il parere e/o la funzione di un Medico o dei professionisti della salute in genere. Le opinioni e le informazioni espresse dagli autori non necessariamente e/o automaticamente comportano una condivisione da parte della Redazione […]”.
Tutto ciò è sì estremamente opinabile dal punto di vista professionale, ma il caso “Genio in 21 giorni” è piuttosto minore, poco rilevante, non ha davvero, alla fine, danneggiato qualcosa o qualcuno.
Chi però seguiva le notizie nel 2010 si ricorda probabilmente di Arkeon, dai media descritta come “la più grande psico-setta italiana”. Se ne dissero di tutti i colori: che vi fossero abusi sessuali durante i seminari, che gli adepti facessero l’elemosina travestiti da senzatetto e che le “guide” promettessero cure miracolose a mali che cure non ne hanno – AIDS, tumori e simili.
Ma per far capire cosa fosse, almeno sulla carta, il metodo Arkeon, nessuno è più qualificato di colui che lo ha elaborato e fatto crescere: Vito Carlo Moccia, che interrogato dalla rivista “Psychologies” definì il progetto “[…]un percorso di sviluppo e conoscenza personale che vuole aiutare a riscoprire chi si è veramente, attraverso un lavoro sulle proprie origini, sui comportamenti e le esperienze che hanno influenzato e condizionato la vita di ognuno. […] Attraverso il corpo, le emozioni, i pensieri e le esperienze di vita si va all’origine della propria storia, delle tensioni e degli automatismi che creano inconsciamente blocchi energetici ed emozionali e limitano l’espressione personale. Il lavoro di Arkeon si realizza attraverso seminari di gruppo che durano un week-end e richiama valori del modello arcaico della civiltà contadina andati progressivamente perduti nella società attuale”.
Le indagini fecero ricadere i sospetti principalmente su undici persone tra chi Arkeon l’aveva fondata e chi “insegnava”.
L’ultimo aggiornamento in merito al processo, che risale al 2015, vede Vito Carlo Moccia, condannato in via definitiva a due anni e cinque mesi di reclusione per associazione a delinquere. Gli altri dieci imputati furono assolti o le accuse che gli erano state rivolte caddero in prescrizione.
Precisiamo inoltre che, secondo le sentenze, Arkeon non venne etichettato come percorso psicologico, ma antropologico – difatti non venne mai riconosciuta la circonvenzione d’incapace – e privo in alcun modo di dinamiche manipolative.
È importante puntualizzare inoltre che è estremamente complicato delineare cosa sia manipolazione e cosa no, soprattutto in sede legale. Ma non solo: non esiste nemmeno una vera e propria definizione della parola “setta”, e il suo utilizzo è puramente un escamotage narrativo che non deve quindi essere associato a un significato preciso, in quanto sprovvisto.
Il fatto che Tinelli, psicologa con un CV la cui lunghezza fa invidia a Guerra e Pace, non lo sappia – o peggio ancora lo ignori – è gravissimo.
La vicenda Arkeon ha rappresentato un po’ un trampolino di lancio per il CeSAP e di riflesso anche per Tinelli, che è stata la prima a definirla “psico-setta dalle terapie folli”. E proprio attraverso Tinelli molti attori coinvolti – come Codacons e Favis (Associazione Familiari Vittima delle Sette) – si sono poi costituiti parte civile.
Chiunque abbia espresso al tempo un’opinione contraria alla “legge Tinelli” finiva nel suo mirino e messo alla gogna nel forum presente sul claudicante sito del CeSAP.
Questo è ciò che è successo per esempio alla dottoressa Raffaella Di Marzio, collega di Tinelli ed esperta nello specifico di religioni e spiritualità minoritarie.
Di Marzio, ricevuta una richiesta di aiuto da uno dei vertici di Arkeon, Pietro Bono, avviò una ricerca sul gruppo per valutarne le meccaniche e capire quanto ci fosse di vero nelle accuse che gli venivano rivolte.
Di Marzio concluse che non solo Arkeon non poteva essere definita pericolosa, ma che non si potesse nemmeno dire che traviasse psicologicamente i propri “adepti”. Trasmise quindi il suo pensiero in merito attraverso diversi media e sul suo blog personale.
L’uragano Tinelli si scagliò a quel punto su di lei con forza e precisione, facendole pervenire prima un avviso di garanzia diretto unicamente a lei, con conseguente blocco del suo sito personale, e in secondo luogo includendola in un’altra denuncia a carico suo e di altri cinque colleghi, presumibilmente per abuso della professione.
A sostegno dell’informativa di garanzia, Tinelli affermò che la collega Di Marzio stesse promuovendo una pericolosa setta in quanto ne condivideva i pensieri. Al punto che lei e il marito avrebbero, a suo dire, intimidito degli ex adepti che cercavano aiuto. Tutto questo in una delirante e-mail che Tinelli fece recapitare a un numero imprecisato di persone, in cui non mancò di interpretare la parte della vittima che viene colpita duramente e arranca, ma tiene duro. E, giusto per non farci mancare nulla, di uno spottino al forum tematizzato Arkeon sul sito del CeSAP: che fai? Te ne privi? Forum da cui, peraltro, secondo Di Marzio, arrivarono la maggior parte delle accuse completamente inventate nei suoi confronti.
Inutile dire che entrambe le denunce non portarono a niente. La seconda venne addirittura rimessa da Tinelli stessa nel 2017.
È dunque palese che Tinelli abbia un grosso problema con le persone che azzardano a dare un’opinione contraria alla sua, anche in maniera civile, e non si faccia scrupoli nell’esporli alla pubblica gogna con ogni mezzo di cui dispone.
Sul sito della democratica psicologa troviamo anche tutto l’excursus del caso Arkeon visto dai suoi occhi. A febbraio 2012, Tinelli, informata dal tribunale su quali sarebbero stati i testimoni al processo di Vito Carlo Moccia, pubblica a sfottò le carte della magistratura, premurandosi di censurare tutti i nomi, tranne due: Raffaella Di Marzio e Silvana Radoani.
Radoani, detta in soldoni, è un’ex collaboratrice del CeSAP. Le due hanno avuto una diatriba e tutto è finito in caciara, a suon di querele – tipo dissing tra rapper – sempre per rientrare nel discorso “se non mi dai sempre ragione ti rovino in ogni modo possibile”.
Accanto ai nomi delle suddette figura però anche l’indirizzo di residenza – il che, ovviamente, è quantomeno inappropriato, ancor di più se parliamo di processo che, al momento della pubblicazione del post, era ancora in corso. Le prime condanne sono state emesse infatti quasi sei mesi dopo la comparsa delle carte sul sito di Tinelli. Pubblicare i dati sensibili di un testimone, specialmente quando si ha a che fare con un certo tipo di militanza, rappresenta per esso un rischio non indifferente. Di nuovo: che Tinelli non lo sappia è male, che lo sappia e se ne sia fregata è peggio.
Tutto ciò non ha però impedito alla dottoressa Tinelli di farsi strada nell’ambiente mediatico e riuscire ad approdare in televisione. La sua apparizione più celebre è sicuramente quella a Quarto Grado, Rete 4. Alla dottoressa, in quanto esperta di sette, fu sottoposto un episodio di cronaca nera, nello specifico il caso Barilli e Venturelli, due ragazzi scomparsi nel 2020 e le cui vicende si sono incrociate secondo uno scatto in cui i due sarebbero insieme alla Stazione Centrale di Milano. Nel 2021 fu ritrovato il cadavere di Barilli, ma di Venturelli non si ha ancora traccia.
A Tinelli venne chiesto se, in base al suo parere professionale, potesse essere presa in considerazione l’eventualità che i due si fossero allontanati perché giogo di una di esse. Tinelli non esita un secondo, i ragazzi sono senza alcun dubbio caduti nelle mani di una dinamica che ha traviato le loro menti e li ha spinti ad allontanarsi dalle famiglie. Nello specifico si tratta, secondo lei, di un gruppo di “crescita personale”.
Suo malgrado, un mese dopo la comparsata in TV, le indagini esclusero che i ragazzi si fossero mai incontrati, e che la contemporaneità degli avvenimenti fosse una coincidenza.
In ultimo, tengo a far presente che la dottoressa, essendo una professionista affermata, non si presta ad ospitate gratis, e pertanto suppongo riceva un qualche tipo di compenso.
Secondo quanto riferito da Selvaggia Lucarelli – ma si tratta di dati difficilmente verificabili – il cachet degli opinionisti/esperti si aggira intorno ai 500/1000 euro a puntata, sotto il simpatico nome di “gettone di presenza”, che rappresenta una cifra variabile a seconda dell’ospite in questione.
Molto? Poco? Giudicate voi. Noi siamo qui solamente a riportare i fatti, e cioè che una conclamata bugiarda si dichiara per tuttologa, lucrandoci sopra, mentre la realtà – ancora una volta – è estremamente meno colorata di quella che ci vuole rappresentare.