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Conchiglie, denti e ossa di “organismi strani e meravigliosi” forniscono indizi ambientali storici

INFORMATIVA: Alcuni degli articoli che pubblichiamo provengono da fonti non in lingua italiana e vengono tradotti automaticamente per facilitarne la lettura. Se vedete che non corrispondono o non sono scritti bene, potete sempre fare riferimento all'articolo originale, il cui link è solitamente in fondo all'articolo. Grazie per la vostra comprensione.


Uno studio internazionale innovativo mostra come le impronte chimiche lasciate da organismi acquatici “sottovalutati” potrebbero aiutare gli scienziati a monitorare i cambiamenti ambientali globali.

Lo studio, condotto dall’Università dell’Australia del Sud (UniSA), rivela come varie specie acquatiche poco studiate agiscono come “registratori di dati naturali”, fornendo una documentazione storica dell’ambiente.

La scienziata capo Dr. Zoe Doubleday, del Future Industries Institute dell’UniSA, ha collaborato con ricercatori provenienti da Canada, Croazia e Regno Unito per sintetizzare centinaia di studi che analizzano le variazioni chimiche nei gusci, nei denti e nelle ossa di organismi strani e meravigliosi.

“Molti organismi acquatici – come balene, foche, polpi e persino alghe – ospitano impronte chimiche che possono darci una registrazione dell’ambiente nel tempo, dalla temperatura storica dell’acqua, ai livelli di inquinamento e alla salute dell’ecosistema”, afferma il dott. Doubleday. “Possono anche essere usati per predire il futuro.”

“A differenza del monitoraggio ambientale tradizionale, che può essere costoso e dispendioso in termini di tempo, o semplicemente impossibile, questi organismi forniscono dati d’archivio economici, già pronti, che possono essere estratti utilizzando un metodo scientifico chiamato sclerocronologia chimica”.

Il gruppo di ricerca ha compilato un ampio database di studi su organismi “sottovalutati”, che vanno dalle spugne e cirripedi ai mammiferi marini, e tutto il resto.

L’analisi del team ha scoperto lacune nell’attuale panorama della ricerca, evidenziando specie e strutture precedentemente sottovalutate come indicatori ambientali alternativi.

“Questi risultati sono cruciali, poiché i dati sugli ambienti acquatici sono scarsi e difficili da raccogliere, soprattutto in regioni remote come i mari polari o gli oceani profondi, entrambi sensibili ai cambiamenti climatici”, afferma il dott. Doubleday.

“Espandere la nostra attenzione oltre i metodi e le specie tradizionali consentirà agli scienziati di attingere a una ricchezza di dati che fino ad ora sono stati in gran parte trascurati. Ci aiuterà a tenere traccia dei cambiamenti ambientali, dell’ecologia delle specie, dell’inquinamento e degli impatti umani, informando le strategie di conservazione in modo da poter gestire i nostri ecosistemi in modo più efficace.”



Da un’altra testata giornalistica. news de www.sciencedaily.com

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