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Il cambiamento climatico e l’inquinamento atmosferico potrebbero mettere a rischio 30 milioni di vite ogni anno entro il 2100

INFORMATIVA: Alcuni degli articoli che pubblichiamo provengono da fonti non in lingua italiana e vengono tradotti automaticamente per facilitarne la lettura. Se vedete che non corrispondono o non sono scritti bene, potete sempre fare riferimento all'articolo originale, il cui link è solitamente in fondo all'articolo. Grazie per la vostra comprensione.


Un nuovo studio prevede un forte aumento della mortalità legata alla temperatura e all’inquinamento, con un impatto della temperatura che supererà quello dell’inquinamento per un quinto della popolazione mondiale.

La mortalità attribuibile all’inquinamento atmosferico e alle temperature estreme è una delle principali preoccupazioni e si prevede che aumenterà in futuro. In un nuovo studio condotto dall’Istituto Max Planck di Chimica, un gruppo di ricerca internazionale ha scoperto che, secondo la proiezione più probabile, i tassi di mortalità annuale legati all’inquinamento atmosferico e alle temperature estreme potrebbero raggiungere i 30 milioni entro la fine del secolo. La ricerca, basata su simulazioni numeriche avanzate, suggerisce una tendenza preoccupante: si prevede che i decessi legati all’inquinamento aumenteranno di cinque volte, mentre la mortalità legata alla temperatura potrebbe aumentare di sette volte, ponendo un rischio per la salute più critico rispetto all’inquinamento atmosferico per almeno 20 anni. % della popolazione mondiale.

I ricercatori basano i loro calcoli su proiezioni dal 2000 al 2090, analizzate a intervalli di dieci anni. “Nel 2000, circa 1,6 milioni di persone morivano ogni anno a causa delle temperature estreme, sia del freddo che del caldo. Entro la fine del secolo, nello scenario più probabile, questa cifra salirà a 10,8 milioni, un aumento di circa sette volte. Per l’aria inquinamento, le morti annuali nel 2000 erano circa 4,1 milioni. Alla fine del secolo questo numero sale a 19,5 milioni, un aumento di cinque volte”, spiega il dottor Andrea. Pozzer, capogruppo presso l’Istituto Max Planck di Chimica di Magonza e professore associato aggiunto presso l’Istituto di Cipro a Nicosia, Cipro.

Lo studio mostra significative differenze regionali nei futuri tassi di mortalità. Si prevede che l’Asia meridionale e orientale affronterà gli aumenti più forti, guidati dall’invecchiamento della popolazione, con l’inquinamento atmosferico che continua a svolgere un ruolo importante. Al contrario, nelle regioni ad alto reddito – come Europa occidentale, Nord America, Australasia e Asia Pacifico – si prevede che i decessi legati alle temperature estreme supereranno quelli causati dall’inquinamento atmosferico. In alcuni paesi di queste regioni, come Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Giappone e Nuova Zelanda, questo cambiamento è già in atto. È probabile che la disparità aumenti, con temperature estreme che diventeranno un rischio per la salute più significativo dell’inquinamento atmosferico anche nei paesi dell’Europa centrale e orientale (ad esempio Polonia e Romania) e in alcune parti del Sud America (ad esempio Argentina e Cile).

Si prevede che entro la fine del secolo, per un quinto della popolazione mondiale, i rischi per la salute legati alla temperatura supereranno quelli legati all’inquinamento atmosferico, sottolineando l’urgente necessità di azioni globali per mitigare questo crescente rischio per la salute pubblica.

“Il cambiamento climatico non è solo una questione ambientale; è una minaccia diretta per la salute pubblica”, afferma Andrea Pozzer. “Questi risultati evidenziano l’importanza fondamentale di attuare ora misure di mitigazione decisive per prevenire future perdite di vite umane”, aggiunge Jean Sciare, direttore del Centro di ricerca sul clima e l’atmosfera (CARE-C) del Cyprus Institute, contributore chiave dello studio.



Da un’altra testata giornalistica. news de www.sciencedaily.com

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