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Societadal Medico di Medicina Generale una possibile svolta

dal Medico di Medicina Generale una possibile svolta

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Sono oltre 10 milioni gli adulti che soffrono di dolore cronico nel nostro Paese. Sono le donne, in particolare, ad esserne colpite maggiormente tanto che il 60 per cento delle persone adulte con dolore cronico in Italia è di sesso femminil.
Secondo un’indagine effettuata da Fondazione Onda ETS, in collaborazione con Elma Research, l’informazione sul dolore cronico risulta ancora troppo superficiale: solo il 16 per cento del campione, infatti, la ritiene sufficiente, mentre il 55 per cento degli intervistati vorrebbe saperne di più.
Continua l’impegno di Fondazione Onda ETS, in collaborazione con Istituzioni, rappresentanti della società civile e della comunità scientifica, nell’individuazione di una presa in carico integrata

Attuare modelli organizzativi integrati che coinvolgano attivamente e sinergicamente medici di medicina generale (MMG) e specialisti, formare gli MMG, impegnati sempre più in compiti burocratici che sottraggono tempo alla pratica clinica e alla collaborazione con le reti specialistiche, dare vita alla certificazione di MMG “Esperti in Medicina del dolore”, accreditati presso il Ministero della Salute, dare spazio a formazione, digitalizzazione e alla formalizzazione dei percorsi diagnostico-terapeutici, intervenire sul collegamento tra territorio e ospedale, in quanto snodo critico ed essenziale per il miglioramento dell’assistenza e della continuità delle cure: queste le indicazioni emerse dal tavolo tecnico “Dolore cronico – modelli organizzativi per una presa in carico appropriata e integrata” realizzato da Fondazione Onda ETS con il contributo non condizionante di Sandoz e patrocinato da AISD – Associazione Italiana per lo Studio del dolore, Cittadinanzattiva, FederDolore, Fondazione ISAL e SIMG – Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure primarie. L’incontro si è posto come obiettivo il confronto tra Istituzioni, specialisti e MMG di tre Regioni (Liguria, Piemonte e Lombardia) sulle criticità di accesso alla rete territoriale e di presa in carico dei pazienti con dolore cronico nonché sulle possibili strategie di intervento. L’iniziativa si inserisce nel quadro di un progetto più ampio promosso da Fondazione Onda ETS volto a riconoscere il dolore cronico come una patologia univoca e non solo come un sintomo a sé stante: «Manca a tutt’oggi una cultura condivisa sul dolore cronico e questo rappresenta il principale ostacolo nell’accesso tempestivo ai percorsi di diagnosi e cura», commenta Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda ETS. «Occasioni di confronto tra Istituzioni, comunità scientifica e società civile, come l’incontro svolto, rappresentano opportunità preziose e concrete per dare un impulso positivo nella costruzione di questa cultura e nel delineare le possibili strategie per rafforzare la rete territoriale di terapia del dolore. Come Fondazione, siamo tra i firmatari del “Manifesto sul dolore: proposte per una migliore gestione dei pazienti con dolore cronico”, che coagula l’impegno di Società scientifiche e organizzazioni che rappresentano la società civile e i pazienti e che ha l’obiettivo di migliorare i percorsi diagnostico-terapeutici dedicati al dolore cronico ai fini di una presa in carico tempestiva, appropriata, omogenea e integrata – a riprova del nostro crescente impegno sul tema», aggiunge.

Sono, infatti, oltre 10 milioni gli adulti che soffrono di dolore cronico nel nostro Paese. Sono le donne, in particolare, ad esserne colpite maggiormente tanto che il 60 per cento delle persone adulte con dolore cronico in Italia è di sesso femminile: un divario che parte dal trentacinquesimo anno di età e va ampliandosi sempre più con il passare degli anni, tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’ha riconosciuto come uno dei maggiori problemi mondiali di salute pubblica in generale. Secondo un’indagine realizzata da Fondazione Onda ETS su un campione di 300 uomini e altrettante donne, effettuata in collaborazione con Elma Research, nel 60 per cento di coloro che hanno ricevuto una diagnosi di dolore cronico l’intensità del dolore è molto elevata e oltre la metà delle persone vive tale condizione come difficile (69 per cento), molto limitante (62 per cento) e causa di una vera e propria disabilità psico-fisica (59 per cento). L’informazione sul dolore cronico risulta, inoltre, ancora troppo superficiale: solo il 16 per cento del campione, infatti, la ritiene sufficiente, mentre il 55 per cento degli intervistati vorrebbe saperne di più. Altro dato significativo riguarda i tempi della diagnosi, che giunge in media a distanza di tre anni dall’insorgenza dei sintomi, dopo aver consultato inutilmente una media di cinque specialisti.

Tra le criticità emerse dal tavolo tecnico, una scarsa informazione e una comunicazione inefficiente nei confronti dei pazienti, sia relativamente al loro diritto di non soffrire sia in merito al referral verso centri di riferimento ai quali potrebbero essere indirizzati, ma anche la mancata strutturazione di percorsi comuni che partano dal territorio, in quanto primo punto di accesso, e che siano collegati con gli specialisti dei centri del dolore, favorendo la circolarità delle informazioni e una risposta tempestiva e appropriata ai bisogni delle persone. Tra le difficoltà, inoltre, la mancanza, sul territorio, di una struttura organizzativa come quella prevista con la nascita delle Case e Ospedali di Comunità, dove si possa operare in interdipendenza tra ambiti specialistici per una gestione più efficace delle patologie croniche. Il dolore, infatti, è una condizione che affligge numerose patologie, da quelle neurodegenerative a quelle metaboliche. Al contempo, i pazienti con dolore cronico soffrono di molteplici comorbidità indotte dalla stessa condizione dolorosa.

Quello che è emerso dal tavolo di lavoro è che le esperienze regionali di Liguria, Piemonte e Lombardia sono simili e, conseguentemente, confermano a pieno le criticità riscontrate a livello nazionale, in primis, la necessità di una formazione più centrata sul dolore da parte dei MMG, che, se certificati come “Esperti di Medicina del dolore”, potrebbero fungere da primo filtro per un accesso tempestivo e appropriato alla disciplina specialistica. Tuttavia, ad oggi, la distribuzione sul territorio di Medici Esperti è ancora disomogenea e manca, nonostante la Legge 38 del 2010, una rete che garantisca un percorso lineare e continuo per i pazienti in cui il Medico Esperto possa espletare appieno il suo ruolo. Secondo un progetto presentato da IQVIA, realizzato con l’obiettivo di migliorare la presa in carico del paziente e l’appropriatezza del percorso diagnostico-terapeutico, attraverso la definizione di un nuovo modello ospedale-territorio di gestione del dolore cronico, sono tre le macro-aree di criticità: mancanza di formazione dei MMG, eterogeneità di presa in carico per la mancanza di protocolli, di percorsi dedicati formalizzati e di procedure di referral e, infine, scarsa integrazione dei setting assistenziali. Analizzando il caso della regione Liguria, dove viene messa in atto la cosiddetta “piramide assistenziale” con l’Ambulatorio del MMG (prima risposta diagnostica e terapeutica ed eventuale indirizzamento a Spoke/Hub), Centri Spoke (trattamenti sindromi dolorose), Centri Hub (prestazioni specialistiche di alto livello), è stato definito un piano di azione per l’implementazione del percorso per il paziente con dolore cronico che si articola in quattro macrocategorie: dalla definizione dei processi all’allocazione di risorse umane e competenze, passando per il collegamento tra gli specialisti e il supporto digitale. In tal senso, sono stati anche identificati gli indicatori di prestazione (outcome, processo, appropriatezza, volume e di esperienza del paziente) con l’obiettivo che vengano utilizzati per monitorare la performance della rete del dolore e dunque verificare l’efficacia degli interventi di implementazione messi in atto.

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Photo credits: fonte Fondazione Onda

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