È noto da tempo che esiste una complessa interazione tra fattori genetici e influenze ambientali nel modellare il comportamento. Recentemente si è scoperto che i geni che governano il comportamento nel cervello operano all’interno di reti regolatrici flessibili e contestualmente reattive. Tuttavia, gli studi convenzionali di associazione sull’intero genoma (GWAS) spesso trascurano questa complessità, in particolare negli esseri umani dove il controllo delle variabili ambientali pone sfide.
In un nuovo articolo in prospettiva pubblicato il 27 febbraio sulla rivista ad accesso aperto Biologia PLOS dai ricercatori dell’Università dell’Illinois Urbana-Champaign e della Rutgers University, negli Stati Uniti, viene sottolineata l’importanza di integrare gli effetti ambientali nella ricerca genetica. Gli autori discutono di come l’incapacità di farlo possa perpetuare il pensiero deterministico in genetica, come storicamente osservato nella giustificazione dei movimenti eugenetici e, più recentemente, nei casi di violenza a sfondo razziale.
Gli autori propongono di espandere il GWAS incorporando dati ambientali, come dimostrato negli studi sull’aggressività nei moscerini della frutta, al fine di ottenere una comprensione più ampia della complessa natura delle interazioni gene-ambiente. Inoltre, sostengono una migliore integrazione delle conoscenze provenienti dagli studi sugli animali nella ricerca umana. Gli esperimenti sugli animali rivelano come sia il genotipo che l’ambiente modellano le reti di regolazione dei geni del cervello e il conseguente comportamento, e questi risultati potrebbero informare meglio esperimenti simili con le persone.
“I progressi nella tecnologia genomica hanno davvero illustrato come i cambiamenti nell’ambiente portino a cambiamenti non solo nel comportamento, ma nell’espressione dei geni, in un modo che non è determinato solo dall’ereditarietà”, ha affermato il coautore Matthew Hudson, professore di scienze agrarie. all’Illinois. “Ora capiamo che anche gli stessi geni possono funzionare in modo molto diverso da individuo a individuo a seconda della loro espressione.”
Inoltre, gli autori sottolineano l’importanza della collaborazione multidisciplinare per comprendere le radici del comportamento, soprattutto tra le comunità di ricerca animali e umane. La coautrice Rina Bliss, professoressa di sociologia alla Rutgers, ha aggiunto: “Abbiamo davvero bisogno di questo tipo di collaborazioni tra scienziati sociali e biologi per illuminare la complessità delle interazioni gene-ambiente, soprattutto per quanto riguarda il comportamento umano”. L’articolo suggerisce inoltre che saranno necessarie tecnologie emergenti come gli organoidi cerebrali e nuove forme di imaging cerebrale per chiarire i meccanismi molecolari che collegano le influenze genetiche e ambientali sul comportamento.
In definitiva, gli autori sottolineano che è necessario un cambiamento di paradigma nella genomica sociale e comportamentale umana verso una comprensione sfumata delle interazioni gene-ambiente. “Lo studio delle radici del comportamento racchiude in sé un grande potenziale per ottenere conoscenze che possano aiutare a comprendere meglio la funzione cerebrale, in salute e in malattia. Ci auguriamo che questo articolo aiuti i ricercatori a sfruttare al massimo le opportunità evitando trappole riduzioniste”, ha affermato il coautore Gene Robinson, direttore del il Carl R. Woese Institute for Genomic Biology e professore di entomologia e neuroscienze all’Illinois.
Gli autori suggeriscono che una prospettiva olistica e la promozione della collaborazione interdisciplinare potrebbero aiutare i ricercatori a orientarsi nelle complessità del comportamento umano, mitigando al tempo stesso i rischi associati al pensiero deterministico in genetica.
Da un’altra testata giornalistica. news de www.sciencedaily.com