I ricercatori sono riusciti a segmentare l’elaborazione che normalmente avviene all’interno di un computer all’interno dell’ottica e dell’elettronica analogica della fotocamera, che si trova fuori dalla portata degli aggressori.
“Questo è il punto chiave di distinzione rispetto al lavoro precedente che offuscava le immagini all’interno del computer della fotocamera, lasciando le immagini esposte agli attacchi”, ha affermato il dott. Don Dansereausupervisore di Taras al Centro australiano per la robotica E Iniziativa sulle scienze digitali. “Andiamo oltre l’elettronica stessa, consentendo un livello di protezione maggiore.”
I ricercatori hanno provato a modificare il loro approccio ma non sono stati in grado di ricostruire le immagini in alcun formato riconoscibile. Hanno aperto questo compito alla comunità di ricerca in generale, sfidando altri a modificare il loro metodo.
“Se terzi accedessero a queste immagini, non potrebbero trarne granché e la privacy sarebbe preservata”, ha detto Taras.
Il dottor Dansereau ha affermato che la privacy sta diventando sempre più una preoccupazione poiché oggi sempre più dispositivi sono dotati di fotocamere integrate e con il possibile aumento di nuove tecnologie nel prossimo futuro come i droni per i pacchi, che viaggiano nelle aree residenziali per effettuare consegne.
“Non vorrai che le immagini scattate all’interno della tua casa dal tuo robot aspirapolvere finissero nel dark web, né vorresti che un drone per le consegne mappasse il tuo giardino. È troppo rischioso consentire ai servizi collegati al web di acquisire e conservare queste informazioni”, ha affermato il dottor Dansereau.
L’approccio potrebbe essere utilizzato anche per realizzare dispositivi che funzionino in luoghi in cui la privacy e la sicurezza sono un problema, come magazzini, ospedali, fabbriche, scuole e aeroporti.
I ricercatori sperano di costruire successivamente prototipi fisici di fotocamere per dimostrare l’approccio nella pratica.
“L’attuale tecnologia di visione robotica tende a ignorare le legittime preoccupazioni sulla privacy degli utenti finali. Si tratta di una strategia miope che rallenta o addirittura impedisce l’adozione della robotica in molte applicazioni di importanza sociale ed economica. Il nostro nuovo design del sensore prende molto sul serio la privacy e spero di vederla adottata dall’industria e utilizzata in molte applicazioni”, ha affermato il professor Niko Suenderhauf, vicedirettore del QCR, che ha fornito consulenza sul progetto.
Il professor Peter Corke, illustre professore emerito e professore aggiunto presso il QCR che ha anche fornito consulenza sul progetto, ha dichiarato: “Le fotocamere sono l’equivalente robotico degli occhi di una persona, inestimabili per comprendere il mondo, sapere cosa è cosa e dove si trova. Ciò che non vogliamo è che le immagini di quelle telecamere lascino il corpo del robot, per rivelare inavvertitamente dettagli privati o intimi su persone o cose nell’ambiente del robot”.
RICERCA
La ricerca, Visione intrinsecamente di tutela della privacy per sistemi autonomi affidabili: esigenze e soluzioniè stato pubblicato dal Journal of Responsible tecnologia.
DICHIARAZIONE
Gli autori non dichiarano interessi concorrenti.
Fonte: Università di Sydney
Originalmente pubblicato su The European Times.